Ci si innamorava.

Ci si innamorava a scuola. Per lo più di una tua compagna di classe o di una della classe accanto, intravista all’intervallo su e giù per il corridoio.

Ci si innamorava tra occhiali dalle montature pesanti, giacche a vento coloratissime, zaini Invicta e scarponcini Timberland.

Ci si innamorava avvicinandola tra mille titubanze e invitandola al cinema per la domenica pomeriggio seguente. E se diceva di sì camminavi a un metro da terra una settimana per la contentezza.

Ci si innamorava facendo i compiti insieme. E tra una dimostrazione di geometria e una scheda sui Promessi Sposi si parlava di noi.

Ci si innamorava di quella che vedevi all’oratorio la domenica, le poche volte che l’oratorio maschile e quello femminile facevano attività insieme.

Ci si innamorava in vacanza, passeggiando insieme la sera sul lungomare dieci metri dietro ai genitori, con la voglia di prendere la sua mano e il terrore di farlo. E ci si scrivevano lettere lunghissime una volta tornati a casa, e si faceva la guardia al postino.

Ci si innamorava incidendole una cassetta da 90 minuti con le sue canzoni preferite e disegnandone a mano la copertina.

Ci si innamorava in montagna con l’oratorio, provocando l’ilarità dei compagni di tenda, e si strimpellava la chitarra per farsi notare da lei.

Ci si innamorava per sentirsi grandi, confusamente intuendo che per diventarlo davvero la strada era ancora molto lunga. E ci si telefonava per mezz’ore intere, per l’incazzatura di mamma e papà.

Ci si innamorava nei pomeriggi d’inverno, passeggiando per la città mentre il cielo si faceva scuro, e il freddo era una scusa per stare abbracciati.

Ci si innamorava rubando uno sguardo in palestra, durante l’ora di educazione fisica. O in biblioteca, lavorando svogliatamente a una ricerca di scuola da consegnare improrogabilmente l’indomani.

Ci si innamorava pensandola chiusi nella nostra cameretta, aspettando il prossimo bacio.